GIÒ SESTA PIENA
Ogni epoca ha i suoi eroi.
Verso la metà degli anni novanta, un noto pub di Besso era diventato il ritrovo di alcuni fra i più truci motoclisti della zona.
Golia, Secco, Ghi e tanti altri: giacca Dainese 365 giorni l'anno e crampo al polso destro da gas perennemente spalancato. I profeti del ginocchio a terra, gli strenui combattenti di ogni limite di velocità.
Giò Sesta Piena era uno di loro.
La moto per lui era una fede: ogni sera mentre la sistemava in garage le girava attorno alcune volte, accarezzandola affascinato dalla sua bellezza mentre fantasticava sulle future modifiche da apportarle.
Ricordo la sua Yamaha RD125: a furia di modifiche, partire in salita con il passeggero era diventata un'impresa da professionisti. Acceleratore a manetta e grandi sfrizionate erano l'unico modo per non spegnere il motore rimediando una figura barbina di fronte ai passanti. Poi però, una volta raggiunti i 9'000 giri la potenza arrivava tutta d'un botto, come se un aereo ti avesse tamponato. La ruota anteriore decollava e il passeggero piantava le unghie nel serbatoio, alternando le peggiori imprecazioni alle più devote preghiere. Dopo un breve tradimento a quattro ruote con una BMW pompatissima caratterizzata dalla fastidiosa tendenza ad arrotolarsi attorno ai lampioni, è arrivata una Yamaha FZR600. Tutta un'altra musica rispetto alla 125, ma Giò non era il tipo da accontentarsi facilmente. Il primo a lasciare il suo posto è stato il cerchione posteriore, sostituito da uno con misure più sportive. Poi è toccato alla marmitta, alle pedivelle, al manubrio, ai freni e al codone. In sei mesi di serate in officina si è cucito addosso un vero gioiellino.
Lui ne era perdutamente innamorato e lo dimostrava attraverso la cura con cui la posteggiava davanti al bar. Angolazione, luce, posizione sul cavalletto: come per una modella sul set fotografico, tutto doveva essere al meglio. Estremista dello stile, aveva rimosso le pedivelle del passeggero e installato il coprisella posteriore, donando alla sua cavalcatura un aspetto estremamente “racing”, a cui non era disposto in nessun caso a rinunciare. La sua fidanzata – povera creatura – era costretta a viaggiare seduta sulla plastica e con i piedi all'aria, mentre il bruto impennava sfrecciando senza nessun riguardo per le strade di Lugano.
Leggende metropolitane raccontano di una faida con un certo Miky, altro fanatico del gomito a terra e figlio di una lunga dinastia di motociclisti estremi, che a un certo punto pare abbia cercato di insidiare la suddetta fidanzata. Nessuno a parte i protagonisti conosce la verità, ma secondo alcuni la diatriba è stata risolta con un duello all'ultimo sangue sulle strade della Valcolla.
La bella però sta ancora con Giò e fra poco metterà alla luce il loro secondo figlio, quindi…
Il tempo e le responsabilità non hanno comunque cambiato il nostro eroe, che nel frattempo è diventato uno stimato professionista: se un giorno veniste superati all'interno di una curva da un tale con uno stile unico e un paio di marmocchi seduti sul codone, non abbiate dubbi sulla sua identità…
Prima, seconda e terza marcia in impennata, poi quarta e quinta. Infine la sesta, a limitatore. Perché lui è Giò Sesta Piena.