SPECIE A RISCHIO
Ogni ecosistema, composto da razze, specie e sottospecie, ha un soggetto debole. Un essere vivente che – per le sue caratteristiche o per le situazioni di tipo ambientale in cui si trova – vede la propria esistenza a rischio.
E il mondo delle due ruote non fa eccezione: popolato da molteplici tipologie di praticanti, vede alcuni di essi primeggiare sugli altri. I potenti racer sfrecciano aggressivi tra piste, autostrade e aperitivi mondani. I custom sfilano placidi su lungomari o desolate statali. I tourer, carichi di valige e abbigliati in modo impeccabile, macinano chilometri con ogni condizione meteorologica. E così via, fino ad arrivare ad una specie che non si fa notare, lontana mille anni luce dalle luci della ribalta : il motoalpinista.
Ebbene sì, alle soglie del 2009, questo bizzarro rappresentante della biodiversità motociclistica lotta per la sua sopravvivenza, a rischio per la sempre più grande aggressività delle altre specie, come pure per il suo nemico naturale : l’ecologista modaiolo. Il suo istinto rapace lo spinge ad attaccare in modo violento e spietato il motoalpinista a cui imputa ogni problema di inquinamento a livello globale. Mentre si reca con il suo potentissimo Suv al parcheggio da cui intende partire per un’escursione nel verde, già si prepara al possibile incontro con un essere motorizzato su cui scaricare la propria rabbia repressa. Tutta la settimana si sposta con la sua auto di grossa cilindrata, consuma centinaia di kw di corrente elettrica e produce tonnellate di riufiuti. Ma quando si riserva il suo momento nel verde diventa intollerante e non accetta compromessi.
Un rumore lieve di un motore? Affronto intollerabile!
E così si scatena una lotta all’ultimo sangue; il motoalpinista, solitamente d’indole mite e riservata, a questo punto abbandona il proprio territorio – dove magari è cresciuto – per ricercare spazi alternativi. Che però spesso sono già territorio di altri motoalpinisti. Le ricerche lo provano. Là dove 1-2 praticanti vivono in simbiosi con la natura e in pace con gli altri utenti del bosco, l’arrivo di altri motociclisti può distruggere i delicati equilibri su cui si basano questi rapporti, mandando anni di impegno alle ortiche.
Per la preservazione della specie è stato testato l’allevamento in cattività in piste di terra e kartodromi, dove i suoi cugini crossisti e supermotard vivono felici e contenti. Ma l’esperimento è fallito. Oltre all’assenza di qualsiasi spirito di competizione, l’alpinista motorizzato ha un bisogno innato di grandi spazi da esplorare, osservare, capire e assaporare.
A onor del vero non si può negare che alcuni motociclisti boschivi mutati hanno creato grandissimi danni con il loro comportamente irresponsabile, percorrendo a velocità folli mulattiere e sterrate con marmitte aperte e pneumatici da cross. Un ulteriore colpo alla già vacillante salute di questo bellissimo esempio di integrazione tra natura e motori che sta ora rischiando di scomparire dalla faccia della terra.
Non resta che un appello : WWF, salva il motoalpinista !